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Serve fase transitoria sulle plastiche monouso

 

La Direttiva UE sulle plastiche monouso (c.d. SUP), che detta agli Stati Membri una disciplina più stringente per la commercializzazione di prodotti in plastica destinati al singolo uso, è entrata in vigore il 1° luglio 2019 ma il ritardo del recepimento in Italia sta creando non pochi disagi alle imprese produttrici ed utilizzatrici di tali prodotti.

La direttiva ha infatti previsto il divieto di commercializzazione per alcuni prodotti in plastica monouso per i quali esistano alternative sul mercato (posate, piatti, cannucce, aste per palloncini …) e la limitazione all’uso e requisiti di progettazione ed etichettatura per alcuni prodotti in plastica monouso per i quali non esistano alternative sul mercato (tazze per bevande, contenitori per alimenti destinati al consumo immediato …).

Pur condividendone l’obiettivo primario di limitare la dispersione di tonnellate di prodotti in plastica nell’ambiente, CNA segnala la necessità di un rapido recepimento al fine di meglio definire i tempi e le modalità di attuazione, tenendo ben a mente l’esigenza di limitare gli impatti burocratici ed economici che le nuove disposizioni potranno determinare per le imprese del settore.

La mancata attuazione della direttiva sta infatti dilatando ulteriormente i tempi dell’effettiva efficacia della norma; pur in presenza di tempistiche note, il termine previsto per il recepimento della direttiva (3 luglio 2021) è decorso senza esito, contribuendo ad alimentare la preoccupazione tra le imprese.

CNA ritiene, quindi, necessario definire in maniera adeguata una fase transitoria per permettere alle imprese di gestire le scadenze e almeno consentire l’utilizzo delle scorte. Ciò si rende ancor più necessario per mitigare gli impatti (in particolare in termini di costi) su alcune tipologie di utilizzatori (ad esempio le imprese del settore alimentare) per i quali non sempre sono disponibili o tuttora facilmente accessibili prodotti alternativi a quelli oggetto delle nuove restrizioni. Per tali settori più sollecitati saranno, dunque, necessarie politiche di accompagnamento, sia di carattere informativo che di eventuale agevolazione, laddove l’impatto economico sia maggiormente significativo. È fondamentale assicurare, infatti, che i costi della transizione verso l’utilizzo di materiali e tecnologie più sostenibili – di cui le imprese condividono gli obiettivi – non si scarichino esclusivamente sugli “anelli” più deboli della filiera e che sia, pertanto, garantito a tutte le imprese l’accesso alle soluzioni alternative necessarie per adeguarsi alla transizione.

“Non vi è dubbio che le nostre Pmi che operano nel comparto della plastica si trovano, più di altri comparti produttivi, ad affrontare nei prossimi anni una sfida importantissima, che è quella di coniugare innovazione, mercato e occupazione con l’obiettivo di rendere il settore più sostenibile” commenta Marcello Rafanelli, portavoce Nazionale Mestiere Chimica, vetro, gomma e plastica. “L’obiettivo del sistema Paese, per rispondere alla sfida della transizione verde dettata dal PNRR, è delineare le premesse per un grande cambiamento nell’economia italiana, nei sistemi di produzione e di consumo all’insegna della sostenibilità.  Una transizione complessa richiede investimenti e misure capaci di accompagnare le imprese, per evitare che si trasformi da grande opportunità per l’ambiente in shock per interi settori produttivi. Partendo dal recepimento della Direttiva SUP, sarebbe necessario con il confronto con le attività produttive delineare un Piano Nazionale per la plastica che agisca su più fronti, dalle misure di sostegno alla riconversione della filiera produttiva, al sostegno alla ricerca per migliorare le performance ambientali della plastica, fino all’avvio di una campagna nazionale di informazione e sensibilizzazione”.

Entrando nel merito della direttiva SUP, ad avviso di CNA va meglio chiarito il riferimento all’utilizzo delle plastiche biodegradabili e compostabili laddove non ci siano alternative riutilizzabili, inserito tra i criteri di recepimento nella Legge di delegazione europea ma non presente nella direttiva. Tale opportunità, che ha peraltro aperto un dibattito tra Governo Italiano e Commissione Europea, può certamente rappresentare una soluzione utile alle imprese ma va delimitata entro confini ben precisi.

Altro aspetto particolarmente critico per le imprese riguarda le disposizioni in materia di requisiti di marcatura prevista per alcuni prodotti (tazze per bevande, assorbenti igienici, salviette umidificate e prodotti del tabacco con filtri) che andrebbero coordinate con le recenti disposizioni in materia di etichettatura degli imballaggi e che già hanno creato significative difficoltà alle imprese nella fase di adeguamento ai nuovi adempimenti. Per evitare ulteriore confusione e aggravi burocratici, occorre meglio coordinare le disposizioni sui requisiti di marcatura della direttiva SUP con gli obblighi di etichettatura degli imballaggi introdotti dal decreto legislativo n. 116 del 2020.